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Lavorare con la squadra dopo aver perso è per me certamente più stimolante e avvincente che farlo dopo aver vinto.

Va da sé, che però il clima che troviamo in spogliatoio dopo una vittoria è così avvolgente ed intenso, che mi inebria e mi libera energie belle per tutta la settimana successiva.

Detto questo, come se ne esce da una sconfitta che brucia?

 

Aver vinto o aver perso l’ultima partita non fa alcuna differenza sulla prossima che dovremo giocare.

Questo è il presupposto di partenza: ogni partita va preparata da capo.

Ogni partita ha in campo giocatori che a loro volta devono prepararsi e probabilmente da zero, entrare nel mood giusto, raggiungere la corretta concentrazione e dovranno farlo diversamente da come si sono preparati per quella precedente.

Giocatori che devono resettare. Allenatori che non possono mettere il pilota automatico. Mental coach che deve trovare il click giusto per rimettere la testa in sintonia con l’obiettivo.

Un meraviglioso gioco di equilibri e responsabilità all’interno di ciò che è una squadra. Che si sia vinto o perso, quella che deve arrivare è una partita nuova tutta da affrontare.

Tutto va costruito da zero, pensato da zero.

Quanto abbiamo fatto va guardato per quel preciso istante in cui è stato fatto.

Che si sia vinto che si sia perso, ogni partita è una nuova partita. Fermarci a fare analisi di ciò che non ha funzionato è utile, necessario per lavorare sulla partita successiva, serve a darci una fotografia della nostra condizione attuale ma non per dirci chi siamo in assoluto.

sconfitta

Quello ce lo dirà la fine della stagione.

Costanza, impegno, fatica, fiducia, lavoro, perseveranza, arrabbiature, sconfitte, festeggiamenti, risate, urlate, parole e silenzi, sguardi. Tutto questo e molto altro sarà parte del nostro spogliatoio e farà da cornice ai risultati ottenuti.

Questo è il bello dello sport.

Non basta essere allenati, non basta essere bravi, non basta avere un buon allenatore. Bisogna fare in modo che fisico, corpo, mente e cuore siano in sintonia.

Aggiungo anche che se si tratta di sport di squadra, serve farli vibrare tutti insieme come in un’orchestra, ciascuno con la propria unicità deve inserirsi armonicamente e funzionalmente nel contesto.

L’atleta su questo deve crescere sempre. È un gioco di continui azzeramenti ma con la capacità di tenere nella testa memoria delle esperienze fatte.

Ecco perché ad ogni partita chiediamo cose diverse ai nostri giocatori, ecco perché abbiamo il compito di conoscere bene i loro punti forti e quelli deboli.

Ogni partita richiede strategie diverse, e allora perché no, potrebbe essere che richieda di impiegare anche attitudini, caratteri, qualità diverse. Una volta mi serve la leadership di quello, la forza fisica di quell’altro, l’intelligenza dell’uno, la perseveranza dell’altro. Potrebbe (a poterlo scegliere) essere più utile avere una squadra alta, oppure una più veloce.

Ecco, io lavoro con questo approccio, ogni partita è una nuova partita se noi per primi la tratteremo come tale.

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