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È andata. La prima fase del nostro campionato U.17 è finita e la nostra squadra si è classificata prima nel girone.

Sono gioie e soddisfazioni, indiscutibilmente figo! (scusate, si può scrivere?)

Ho assistito all’ultima partita con il cuore gonfio di emozioni, appesa al filo dell’esito finale esattamente come se quella partita la stessi giocando io e, in qualche modo, era proprio così. Quando si è vissuto quelle emozioni sulla propria pelle le riconosci subito.

Da quel ritiro di Capizzone a fine agosto tutti noi, atleti e staff, abbiamo iniziato una strada (spesso in salita) verso il cambiamento.

Un cambiamento inteso e faticoso, ma decisamente stimolante e divertente, un cambiamento che ci trasformasse da un gruppo di persone che giocavano a basket, a una squadra che persegue un obiettivo.

Da allora, abbiamo fatto tanta strada e raggiunto tanti obiettivi e non abbiamo di certo finito, ma oggi possiamo goderci questo primo risultato. Ogni tanto, voltarsi e guardare quanta strada abbiamo fatto insieme fa bene al cuore e al morale

Quando entro in palestra e trovo i ragazzi lì ad allenarsi, mi soffermo a osservarli e mi si riempie il cuore, sono orgogliosa di loro e di noi, sono orgogliosa del lavoro che tutti noi abbiamo compiuto.

Sono orgogliosa del mio staff.

Lavorare bene e insieme nel corso di questi mesi ci ha unito molto, allenamento dopo allenamento, partita dopo partita ci siamo messi in discussione e interrogati sul compito.

felicità

“Stiamo andando nella giusta direzione? Stiamo facendo le scelte giuste? Come possiamo fare meglio? Cosa funziona e cosa invece no?”  

Ogni venerdì sera davanti alla nostra birretta, abbiamo speso parole e investito tempo a parlare dei nostri ragazzi.

Quando accade qualcosa in campo, in automatico i nostri sguardi si incrociano e abbiamo già capito quello che pensa l’altro. Quando ci fidiamo della scelta dell’altro anche quando non l’avremmo fatta. Quando abbiamo il coraggio di dire: “Non sono sicuro che stiamo facendo la scelta giusta!” o “Non dire o non fare quella cosa perché non stai facendo il loro bene”. Quando guardiamo al futuro con un po’ di malinconia, quando ci scriviamo in chat per raccontarci della nostra quotidianità, quando accade tutto ciò sento che siamo in sintonia e che stiamo facendo bene parte del nostro lavoro.

Ecco, la mia felicità sta tutta qui.

Sta in questi attimi, quando vedo il mio capo allenatore e il mio vice insieme a fare programmi e strategie per fare in modo che laddove non arrivi il talento, arrivi il sacrificio e la perseveranza. Quando “il come stanno” conta di più di quello che sanno fare. Quando ci impegniamo per fare in modo che tutti possano stare in campo nel momento del bisogno, a far si che l’intera squadra possa fronteggiare le difficoltà in cui incappiamo senza pensare mai: “Siamo spacciati perché abbiamo fuori il compagno di turno”.

È tutta qui la mia felicità e il mio essere educatrice e mental coach coi giovani.

Il mio obiettivo personale è quello di lavorare affinché tutta la squadra sia consapevole delle proprie responsabilità e del proprio potenziale. 

Il successo nello sport non dipende solo dal talento, da nessuna parte il talento fine a se stesso ti fa vincere. Certo, senza ombra di dubbio il talento aiuta, facilita il raggiungimento del risultato, ma non è tutto.

L’idea che se hai talento raggiungi gli obiettivi è decisamente un vero e proprio ostacolo limitante. Quel che serve è la perseveranza!

Noi stiamo perseverando, siamo sulla strada giusta, vedremo fin dove arriveremo ma nel frattempo godiamoci questo istante.

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